Se fossi una strega


[…]La trapunta era distesa su un tavolo, pronta. Alison s’infilò dei guanti di cotone prima di toccarla con delicatezza, accarezzandola e coccolandola, come se fosse una cosa viva immersa nel sonno…
Non era a patchwork, ma tutta in un pezzo. Il tessuto era più rozzo, più ruvido di quanto avesse immaginato. Il colore non era esattamente sbiadito, ma l’azzurro intenso si era addensato in un indaco scolorito.
L’arte di fare la trapunta e disseminarla di motivi stava nei punti e lo si capiva a fatica, dal momento che il fondo era così scuro.*

Mary è fuggita. Dietro di sé ha lasciato un diario, le cui pagine sono state cucite nell’imbottitura della trapunta che stava realizzando. Parole, disegni, colori, che insieme iniziano il racconto di una donna che si salva grazie all’incontro con un’altra cultura, quella dei nativi americani.
Continua così il viaggio di Mary, raccontato da Celia Rees, con la forza dell’alterità, con un viaggio che diventa reciprocità e sfida a chi crede che si possa abitare il mondo sempre nello stesso identico modo, guardando l’orizzonte senza scorgervi nulla.

[…] Separati dalla tinta base uniforme, i disegni presero vita: spuntarono felci, sventagliarono piume, fiorirono boccioli, s’intrecciarono foglie.*

* Se fossi una strega, Celia Rees, Salani editore